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L’OCSE: difficile essere giovani in Italia, l’80% vive coi genitori, su i Neet

Essere giovani in Italia è più difficile che altrove. Per averne la riprova basta scorrere «Uno sguardo sulla società 2016», lo studio annuale dell’Ocse che analizza il benessere sociale e i suoi trend nei 34 Paesi industrializzati. Quest’anno i riflettori sono puntati sui giovani, a cominciare dai cosiddetti «Neet» (Not engaged in Education, Employment or Training), i 15-29enni che non sono né occupati, né a scuola o in formazione, che in Italia sono aumentati nettamente durante la recessione. Ma i giovani italiani si distinguono, loro malgrado, anche per l’elevata disoccupazione, i bassi livelli di competenze scolastiche, il calo dei redditi che contribuisce a farli restare in famiglia (8 su 10 tra i 15 e i 29 anni), rinviando tappe importanti della vita adulta.
Il boom dei «Neet»
Prima del 2007 il tasso dei Neet in Italia era già alto, attorno al 20%, 4 punti sopra la media Ocse, ma fra il 2007 e il 2014 ha raggiunto il 27%, il secondo più alto nell’Ocse dopo la Turchia. Le indagini più recenti mostrano una lieve diminuzione, ma il dato resta sopra i livelli pre-crisi e quasi il doppio rispetto alla media Ocse. Lo studio calcola anche il costo dei Neet, inteso come lavoro e capacità che vanno perse.
 
Tratto dal Corriere.it

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